Il 7 Novembre ci mettemmo in viaggio verso Catania per la nostra villocentesi. Avevo tanta paura per il dolore che avrei sentito, perché è una procedura che eseguono senza anestesia, e anche per quello 0.1% di rischio di aborto naturale nei primi giorni dopo la procedura.
Quando arrivai in ospedale mi sentivo sicura che fosse la cosa giusta da fare per la mia bambina e che tutto sarebbe andato bene, per poi poterci finalmente concentrare su una normale gravidanza o nel peggiore dei casi su una gravidanza complicata da cardiopatie. Mi guardai attorno sentendomi così fuori posto! Così tante madri nei loro tardi 40, che parlavano di tante storie dell’orrore riguardanti questa procedura e la gravidanza in generale. Chiusi allora il canale d’ascolto e reagii sorridendo fiduciosa nei miei 22 anni! Mi presero il sangue per controllare il gruppo sanguigno (0 negativo confermato, quindi extra iniezione subito dopo la procedura). Arrivò infine il mio turno e quindi entrai, sola perchè al mio ragazzo non fu concesso accompagnarmi. Il ginecologo e l’ostetrica erano molto gentili e mi fecero sentire abbastanza calma per potermi concentrare sulla mia respirazione. Mi fecero distendere su un lettino accanto a uno schermo che usarono per monitorare la bambina, la placenta e l’ago della siringa durante tutta la procedura. Sollevai le braccia sopra la mia testa come mi era stato chiesto, stritolando il cuscino sotto la mia testa e concentrandomi sul mio respiro per rilassare i miei muscoli addominali. Avevo bisogno di stare il più rilassata possibile per agevolare il lavoro, già reso più difficile e più doloroso dalla mia placenta posteriore. Il dolore in sé era sopportabile, mentre il movimento del lunghissimo ago su e giù la mia placenta per circa un minuto era davvero fastidioso, ma necessario per raccogliere il più possibile di trofoblasti con il DNA della mia bimba, senza toccare il sacco amniotico. Dopo che mi fecero riposare mi rimandarono nella sala d’attesa, aspettando di essere richiamata per l’iniezione di Anti-D. Lì cominciarono i crampi e diventò sempre più doloroso stare seduta su una sedia di metallo. Dalle 10 di mattina fui nuovamente spostata ad aspettare, questa volta in sala parto. Aspettammo fino alle 3 di pomeriggio e il dolore e la stanchezza erano tali che mia madre cominciò a insistere con gli infermieri per farmi entrare. Mi fecero finalmente entrare in una stanza dove pochi minuti prima aveva partorito una donna. L’infermiere cominciò a insultarmi, dicendo che sembravo stare bene e che quindi non gli avrei dovuto mettere pressione e fretta. C’era una donna che partoriva, sai? Sono importanti loro, lo sai? Andava bene che io aspettassi dalle 10 seduta quando sarei dovuta rimanere a letto per i prossimi due giorni. Perché se avessi abortito naturalmente sarebbe stato considerato comunque come qualcosa che poteva succedere a prescindere da loro. Peggio per me! Cominciai a piangere, mi scusai con l’infermiere, non volevo mettergli pressione. Non volevo piangere. Mi scusi. L’uomo si vergognò e mi confortò riportandomi a mia madre dopo l’iniezione. ‘Abbiamo avuto un po’ di pianto qui, niente di preoccupante signora, tutto normale, le emozioni. Adesso vai a casa e riposa tesoro.’ Tutto normale. Tutto normale essere trattate così. Le donne trascurabili della sala parto. Madri di bambini non-nati. Madri trascurabili. Arrivai a casa e crollai a letto. 2 giorni di riposo a letto. Poi una settimana di riposo da attività pesante. La mia testa non ci sarebbe andata leggera coi pensieri invece. Colorai insieme al mio ragazzo un mandala qualche giorno prima di ricevere la diagnosi che aveva scritto ‘godersi la gravidanza’. Cercai e ci riuscii ad essere positiva. Sarebbe andato tutto bene.
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Gloria. 1995.
Mamma.Invisibile di Ida, ITG alla 17esima settimana. Studentessa ostetrica a Dublino. Categorie
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Novembre 2019
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