Secondo la legge italiana 194 del 1978 l’interruzione terapeutica di gravidanza (ITG) può essere richiesta entro il 180° giorno di gestazione (sesto mese), anche se in realtà i progressi della neonatologia impongono un limite a 22 settimane.
L’ITG oltre le 22 settimane può essere richiesta solo all’estero, in paesi con legislazione permissiva, come Francia e Inghilterra.
L’ITG può essere richiesta dopo l’accertamento di malformazioni fetali, ma la legge non prevede una selezione eugenetica, per cui il certificato riporta che la madre avrebbe danni fisici o psicologici dal proseguimento della gestazione.
Come si svolge l’ITG?
La paziente viene ricoverata in ospedale, ed è indotto il parto vaginale, tramite candelette di prostaglandine, applicate ogni 3/4 ore. Questi farmaci inducono l'utero a contrarsi e fanno partire il travaglio: i tempi dell'induzione e del travaglio dipendono molto dalla risposta individuale al farmaco. In generale, però, il parto dovrebbe avvenire in un arco di tempo compreso tra alcune ore e, al massimo e più raramente, un paio di giorni.
Dopo il parto, è possibile che ci sia necessità di effettuare un raschiamento (da addormentata), se la placenta non è stata espulsa completamente. La dimissione avviene dopo qualche ora o il giorno successivo.
Il dolore durante l'aborto terapeutico:
Inutile girarci attorno: il travaglio abortivo può essere molto doloroso, anche quanto il travaglio fisiologico del parto. Sulla carta si può fare molto per evitare questo dolore, perché non è necessario prendere tutte le precauzioni di salvaguardia del feto che si prendono nel caso di un parto normale. In pratica, però, le strategie di controllo del dolore che si possono seguire variano molto da centro a centro. "Si può fare anche l'epidurale, ma deve essere disponibile un anestesista, cosa che non è scontata, anche perché l'anestesista eventualmente presente potrebbe essere obiettore di coscienza". La donna, comunque, deve sapere che è suo diritto chiedere una terapia del dolore efficace.
Quanto durano le perdite ematiche dopo un aborto?
Generalmente 7-10 giorni. Se il sanguinamento è persistente o compare febbre, è bene rivolgersi al pronto soccorso ginecologico di zona. La febbre, in particolare, può essere il segno di materiale ritenuto.
Quanto torna la mestruazione?
La mestruazione dovrebbe comparire entro 30-40 giorni dall’intervento. Il recupero dell’attività ormonale è però variabile, ad esempio situazioni di forte stress lo possono rallentare. In ogni caso, è consigliabile una visita ginecologica dopo un mese.
Potrò avere altri figli, e se sì quando?
L’interruzione di gravidanza non compromette la fertilità della donna. Raramente a seguito del raschiamento si creano aderenze che obliterano la cavità uterina (sindrome di Asherman). In questo caso un intervento in isteroscopia aiuta a risolvere la situazione.
Una nuova gravidanza può essere cercata dopo un paio di cicli mestruali, preferibilmente dopo l'esito di eventuali esami genetici nel caso di malformazioni fetali e di una elaborazione del lutto. I tempi variano da donna a donna e per ogni particolare circostanza, dunque è importante discuterne col proprio ginecologo.
I problemi che si possono incontrare durante l'iter di aborto terapeutico:
In Italia, il problema principale che possono incontrare le donne che affrontano un percorso di interruzione volontaria di gravidanza è quello relativo alle alte percentuali di operatori sanitari (medici, infermieri, anestesisti) obiettori di coscienza.
"Il problema può porsi fin dall'inizio del percorso" sottolinea Parachini. "In molti dei centri che effettuano la diagnosi prenatale, infatti, gli operatori sono obiettori. Questo significa che, dopo la diagnosi, la donna può essere praticamente abbandonata a sé stessa, senza indicazioni su cosa fare e a chi rivolgersi.
Anche nei centri in cui si effettuano le interruzioni di gravidanza, alcuni (o molti) operatori possono essere obiettori, il che può comportare ritardi nell'inizio della procedura. Gli obiettori, infatti, non sono tenuti a indurre il parto. Va però sottolineato che sono tenuti a prestare alle donne l'assistenza necessaria durante il travaglio e il parto (non sempre, però, questo avviene).
Quali conseguenze psicologiche può avere un’interruzione di gravidanza?
Molte persone hanno bisogno di tempo per elaborare il lutto per la perdita del proprio figlio.
La psicologa Claudia Ravaldi scrive:
L’ITG oltre le 22 settimane può essere richiesta solo all’estero, in paesi con legislazione permissiva, come Francia e Inghilterra.
L’ITG può essere richiesta dopo l’accertamento di malformazioni fetali, ma la legge non prevede una selezione eugenetica, per cui il certificato riporta che la madre avrebbe danni fisici o psicologici dal proseguimento della gestazione.
Come si svolge l’ITG?
La paziente viene ricoverata in ospedale, ed è indotto il parto vaginale, tramite candelette di prostaglandine, applicate ogni 3/4 ore. Questi farmaci inducono l'utero a contrarsi e fanno partire il travaglio: i tempi dell'induzione e del travaglio dipendono molto dalla risposta individuale al farmaco. In generale, però, il parto dovrebbe avvenire in un arco di tempo compreso tra alcune ore e, al massimo e più raramente, un paio di giorni.
Dopo il parto, è possibile che ci sia necessità di effettuare un raschiamento (da addormentata), se la placenta non è stata espulsa completamente. La dimissione avviene dopo qualche ora o il giorno successivo.
Il dolore durante l'aborto terapeutico:
Inutile girarci attorno: il travaglio abortivo può essere molto doloroso, anche quanto il travaglio fisiologico del parto. Sulla carta si può fare molto per evitare questo dolore, perché non è necessario prendere tutte le precauzioni di salvaguardia del feto che si prendono nel caso di un parto normale. In pratica, però, le strategie di controllo del dolore che si possono seguire variano molto da centro a centro. "Si può fare anche l'epidurale, ma deve essere disponibile un anestesista, cosa che non è scontata, anche perché l'anestesista eventualmente presente potrebbe essere obiettore di coscienza". La donna, comunque, deve sapere che è suo diritto chiedere una terapia del dolore efficace.
Quanto durano le perdite ematiche dopo un aborto?
Generalmente 7-10 giorni. Se il sanguinamento è persistente o compare febbre, è bene rivolgersi al pronto soccorso ginecologico di zona. La febbre, in particolare, può essere il segno di materiale ritenuto.
Quanto torna la mestruazione?
La mestruazione dovrebbe comparire entro 30-40 giorni dall’intervento. Il recupero dell’attività ormonale è però variabile, ad esempio situazioni di forte stress lo possono rallentare. In ogni caso, è consigliabile una visita ginecologica dopo un mese.
Potrò avere altri figli, e se sì quando?
L’interruzione di gravidanza non compromette la fertilità della donna. Raramente a seguito del raschiamento si creano aderenze che obliterano la cavità uterina (sindrome di Asherman). In questo caso un intervento in isteroscopia aiuta a risolvere la situazione.
Una nuova gravidanza può essere cercata dopo un paio di cicli mestruali, preferibilmente dopo l'esito di eventuali esami genetici nel caso di malformazioni fetali e di una elaborazione del lutto. I tempi variano da donna a donna e per ogni particolare circostanza, dunque è importante discuterne col proprio ginecologo.
I problemi che si possono incontrare durante l'iter di aborto terapeutico:
In Italia, il problema principale che possono incontrare le donne che affrontano un percorso di interruzione volontaria di gravidanza è quello relativo alle alte percentuali di operatori sanitari (medici, infermieri, anestesisti) obiettori di coscienza.
"Il problema può porsi fin dall'inizio del percorso" sottolinea Parachini. "In molti dei centri che effettuano la diagnosi prenatale, infatti, gli operatori sono obiettori. Questo significa che, dopo la diagnosi, la donna può essere praticamente abbandonata a sé stessa, senza indicazioni su cosa fare e a chi rivolgersi.
Anche nei centri in cui si effettuano le interruzioni di gravidanza, alcuni (o molti) operatori possono essere obiettori, il che può comportare ritardi nell'inizio della procedura. Gli obiettori, infatti, non sono tenuti a indurre il parto. Va però sottolineato che sono tenuti a prestare alle donne l'assistenza necessaria durante il travaglio e il parto (non sempre, però, questo avviene).
Quali conseguenze psicologiche può avere un’interruzione di gravidanza?
Molte persone hanno bisogno di tempo per elaborare il lutto per la perdita del proprio figlio.
La psicologa Claudia Ravaldi scrive:
L’aborto volontario è un tema spesso ignorato e misconosciuto dalla cultura medica e sociale, soprattutto se consideriamo l’impatto psicologico che questo evento ha sulla donna [...]
L’aborto oggi è culturalmente svuotato del suo reale significato di morte (del bambino)/perdita (per la madre) e la società occidentale, dimentica che ogni perdita prevede un lutto, nega a chi affronta l’esperienza dell’aborto.
L’aborto però non è un concetto astratto di cui discutere sul piano teorico: esso riguarda la relazione tra due interlocutori fisicamente presenti e compartecipi l’uno dell’altro.
L’aborto è un evento che segna il vissuto di moltissime donne e può condizionare la loro successiva genitorialità con i bambini che vengono dopo; l’aborto rappresenta un conflitto tra due scelte, accompagnato dalla perdita, dal lutto (Coleman et al. 2002).
L’interruzione di gravidanza condiziona il benessere sia fisico che psichico della donna, sia a breve che a lungo termine (molte donne conservano la ferita aperta dell’aborto per molti anni e soffrono intensamente anche dopo decenni) e come tutti i lutti richiede una notevole capacità di adattamento a di adeguamento alla nuova realtà;
Il dilemma intrinseco all’aborto, scegliere tra la vita o la morte, lo rende un evento luttuoso particolarmente grave sia da condividere che da gestire ed elaborare;
Il lutto complicato è un rischio presente in tutti i tipi di lutto; nel caso del lutto post abortivo questo rischio aumenta soprattutto se al momento della scelta e nel periodo immediatamente successivo sono mancati il supporto e il confronto tra partners, in famiglia, in ambito consultoriale e sanitario.
Molte donne manifestano i sintomi tipici del lutto come confusione, prostrazione, colpa, rabbia, vuoto e riportano elevati livelli di sofferenza (Bianchi-Demicheli et al. 2002). Tuttavia nella maggior parte dei casi questa sofferenza resta inespressa, perché le donne non si sentono degne e libere di soffrire, per un dolore oggetto di così tante attribuzioni di significato da essere snaturato nella sua essenza luttuosa.
La donna sperimenta sofferenze diverse su piani diversi, che riguardano l’interruzione della relazione con il bambino, una frattura tra il prima dell’aborto ed il dopo rispetto al suo modo di sentire e percepire la realtà, ma anche di giudicarsi e di valutare le sue relazioni. Insieme all’aborto avviene una “rivoluzione”, fatta di perdite e di ricostruzioni, di fratture e di riparazioni, che si conclude con il riarrangiamento della propria identità in un’identità nuova, e con l’integrazione dell’aborto nel proprio percorso di vita.
Una donna che interrompe la gravidanza soffre sia per la perdita del bambino che per la perdita di una parte della propria immagine come persona (nei diversi ruoli di figlia, donna, compagna, cittadina, appartenente ad una comunità religiosa etc). La “perdita” di queste identità precedenti senza un corretto adeguamento è spesso responsabile di una cattiva elaborazione del lutto e espone le donne a rischio di lutto complicato, soprattutto sul versante depressivo e di condotte autolesive (uso/abuso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare) (Fergusson et al. 2006).
L’iter decisionale, unito al sistema di credenze e di valori della donna e del suo nucleo sociale costituiscono due imprescindibili premesse per una buona elaborazione del lutto. Il senso di perdita e di lutto sarà tanto più forte quanto più la scelta sarà stata pilotata dall’esterno, senza tenere seriamente in considerazione il parere della donna.