*Il mio primo post nel gruppo facebook 'Termination for Medical Reasons', circa un mese dopo la nascita di Ida, tradotto in Italiano*
Ida Saoirse (pronunciato Sirsha), è la mia prima figlia, nata e morta a 16+5 settimane dopo 24 ore di travaglio. Sono stata indotta dopo la sua diagnosi di trisomia 21 e cardiopatie che avrebbero significato la sua sofferenza sin dai primi momenti dopo la sua nascita. Arrivare a questa scelta impossibile è stata la scelta e l'evento più doloroso e difficile della mia vita. Dalla traslucenza nucale la nostra vita ha preso una strada alterata, contorta, la più spaventosa che avrei mai potuto immaginare. Dopo quell'ecografia, la villocentesi, seguita dalla diagnosi, seguita dal nostro crollo totale. Ho cominciato il lutto per mia figlia il giorno stesso che ho ricevuto la diagnosi, perchè sapevo già a cosa saremmo andati incontro, avevamo preso una decisione prima di cominciare i test invasivi. La nostra 'sicurezza' nel sapere già di aver preso una decisione era una sicurezza illusoria. La sicurezza di motivare questa scelta con l'amore infinito di una madre che vuole togliere ogni sofferenza alla propria figlia, non ha evitato i miei 'e se invece...' e gli incubi. Ho sognato di andare avanti con l'induzione di questa gravidanza e di partorire Ida viva e sana. Un'altra volta ho sognato di andare avanti con l'induzione e di partorirla viva, ma con la sua disabilità, stringendola a me per poi vederla collassare tra le mie braccia, mentre cercavo di rianimarla. Quanto ho dovuto lottare contro questa egoistica voglia di stringerla a me a tutti i costi... Temevo così tanto quelle braccia vuote, non potevo accettare di tornare a casa con un cuore spezzato invece che con la mia bambina. L'amavamo già così tanto e l'amo ogni secondo di ogni giorno da morire, ma ogni mamma che ha terminato la gravidanza per ragioni terapeutiche questo lo sa già e non mi prolungherò. Siamo arrivati all'ospedale alle 8:00 di mercoledì 29 Novembre, mia madre come avvocatessa da cui non mi sentivo giudicata e con cui potevo sentirmi libera di seguire il mio corpo nel travaglio e mia figlia nella morte. L'ospedale è riempito da infermieri e ginecologhi obbiettori di coscienza, ma le nostre parole, la nostra storia, il nostro amore, e il nostro 'piano di nascita' per proteggerci durante il travaglio e proteggere il tempo che avremmo passato con lei, hanno fatto capire la verità dietro queste interruzioni, interruzioni di gravidanze così volute e bambini così amati. Quasi l'intero ospedale ci ha supportati e rispettati. L'ho sentita calciare per la prima volta qualche giorno prima dell'induzione, l'ho sentita calciare per l'ultima volta dopo qualche ora dal primo ovulo di prostaglandine che mi hanno spinto sulla cervice. Ho continuato a sussurrarle quanto l'amassi fino a quando il dolore fisico me l'abbia permesso. Le contrazioni erano forti, più lunghe e con un più breve intervallo tra di esse di quanto avessi mai visto nei parti fisiologici osservati durante il mio tirocinio da studentessa ostetrica. Pensavo alle parole che usavo con le donne in travaglio per aiutarle ad affrontare le contrazioni del parto: 'Ogni onda avvicina il tuo bambino un po' di più verso di te, cavalca l'onda, non ti lasciare annegare'. Io stavo annegando sotto ogni onda che mi allontanava da mia figlia, una dopo l'altra, sempre di più. A mezzanotte mi si sono rotte le acque, i dolori sempre più regolari, cambiando forma e muovendosi dal mio utero alla mia cervice, tirandola lateralmente e aprendola gradualmente come un sipario. Il mio corpo stava rispondendo bene, ho pensato. Mi hanno portata in sala parto e le mie due ostetriche mi hanno supportata in maniera delicata e discreta, parlando e toccandomi con dolcezza. Mia madre era ancora lì, a pezzi e fortissima per me e Ida, silenziosa e comunicando allo stesso tempo così tanto amore. Alle 10.05 del 30 Novembre Ida è nata. Proprio quando l'ostetrica voleva comunicarmi che avrebbero dovuto ricominciare la serie di prostaglandine. Proprio dopo 5 minuti dalla mia ultima contrazione. Non ho spinto, è scivolata sul mondo, fuori dal mio utero, come se la sua nascita non potesse essere soltanto dolore. Quel momento è stato surreale. Il mio corpo, il mio cuore stavono aspettando mia figlia. Ed eravamo tutti così felici di conoscerla. Mia madre e le ostetriche si sono congratulate con me, l'hanno tenuta con cura mentre mi cambiavano di letto per poterle tagliare il cortissimo cordone che la teneva così precariamente collegata alla sua placenta e in vita. L'ho tenuta tra le mie braccia avvolta dalla copertina di lana che ho imparato a lavorare all'uncinetto per lei, l'ho baciata e ho notato come somigliasse già a me e a suo papà in alcune caratteristiche. La sua testa e il collo avevano già segni visibili delle sue patologie, ma nonostante tutto era così bella e perfetta. Abbiamo scattato foto che adesso sono le più preziose che custodisco nel suo box della memoria che ho creato per lei. Mia madre chiama quel giorno un miracolo a cui ha assistito, la più grande dimostrazione di amore e i suoi effetti contagiosi su chi ci ha circondati. La mia gioia nell'incontrare mia figlia è stata spezzata da un ulteriore addio quando l'hanno dovuta portare via da me. Mi hanno portata in sala operatoria per un raschiamento a causa della placenta completamente rimasta attaccata al mio utero. Volevo andare a casa ed ero così stanca che i miei sentimenti avevano il silenziatore per qualche ora. A casa ho avuto la ricaduta. E ancora. E ancora. Il suo box della memoria era pronto e finito, la mia lista di cose da fare che mi ero creata per non cadere in un panico totale adesso è quasi completata. Il latte che è arrivato 2 giorni dopo in abbondanza mi ha reso così felice e orgogliosa, quasi con l'illusione che lei fosse ancora lì. Anche quello è finito, dopo una settimana. Oggi è stato un'altro addio. L'abbiamo seppellita in un giorno freddo e piovoso. Dalla stradina sono arrivati con la sua bara, sempre più vicina a me fino a leggere un'iscrizione sulla parte superiore, che sarà per sempre sulla sua testa: 'Aborto. Gloria Coccoli'. Volevo urlare. Non ho baciato la bara. Ho tirato il primo pugno di terra su di lei. Poi ho scavato con le mie mani e ho piantato dei ciclamini. Le cose che posso fare per lei sono finite adesso. Non ha più bisogno di me, ma io avrò sempre bisogno di lei. Cosa mi rimane adesso è ricordare, il nostro amore e cuori spezzati. I sentimenti grezzi dell'inizio sono risaliti ancora una volta, siamo così arrabbiati, sono così gelosa e furiosa. E poi a pezzi e indifesa. E poi grata perchè non cambierei mia figlia per nessun altro bambino sano del mondo. Perchè lei è. Perchè è esistita. E sarà sempre unica e insostituibile per me. Sia quel che sia, quel che è fa male così tanto da desiderare di morire, ma non lo cambierei. Lei è quella che amo così tanto più della mia felicità e della mia stessa vita. Ha reso la mia vita importante. Mi ha resa la sua mamma.
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Gloria. 1995.
Mamma.Invisibile di Ida, ITG alla 17esima settimana. Studentessa ostetrica a Dublino. Categorie
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Novembre 2019
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